Si può dire che l’omelia è «Parola di Dio»?
Da qualche decennio l’espressione «Parola di Dio» risuona spesso nel vocabolario cristiano, catechetico ed ecclesiastico. L’impressione però è che sia utilizzata in modo restrittivo e superficiale, senza coglierne tutto il valore e la profondità. In pratica, spesso, essa è utilizzata per indicare le Sacre Scritture. Ma questo, appunto, è molto limitativo e anche fuorviante.
Noi non siamo una religione del libro, siamo, invece, la religione del Verbo incarnato e vivente. Dio ha parlato e continua a parlare in modo vivo: «la Parola di Dio è viva ed efficace, più tagliente di una spada a doppio taglio» (Eb 4,12). La Parola di Dio non può essere ridotta alla sua testimonianza autorevole privilegiata, canonica e ispirata che è la Sacra Scrittura.
La Parola di Dio è l’evento di Dio che parla agli uomini di ogni tempo, che si mette in dialogo con loro per farsi conoscere e per ammetterli alla comunione con sé mediante Cristo. Nessuna parola umana può contenere ed esaurire questo evento, se non in forza dello Spirito che agisce attraverso le parole scritte per farlo accadere oggi come Parola viva. Scriveva tempo fa Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose: «Che rapporto intercorre tra Parola di Dio e Scritture? È la stessa testimonianza biblica che mostra che non vi è coincidenza tra le due realtà e che la Parola eccede la Scrittura e non ne è esaurita. La parola di Dio è un’energia, una realtà vivente, operante, efficace, eterna, onnipotente. Dio parla e la potenza della sua parola si manifesta negli ambiti della creazione e della storia [...] Questa Parola di Dio è dunque realtà ben più ampia della Scrittura» (Enzo Bianchi «La lettura spirituale della Scrittura oggi» in L’esegesi cristiana oggi, Piemme, Casale Monferrato 2000, p. 235).
La testimonianza privilegiata di tale Parola è la Scrittura, ma essa è Parola di Dio non in modo diretto e immediato. Il Concilio Vaticano II a proposito spiega che «le Scritture contengono la Parola Dio e in quanto ispirate, sono realmente Parola di Dio» (Dei Verbum 21). La Scrittura «diventa» Parola di Dio in quanto è all’opera lo Spirito Santo, non solo nella sua scrittura, ma anche nella sua ricezione. È tanto vero che la Bibbia è letta da moltissimi in modo «laico», cioè senza implicare che attraverso di essa parli Dio, cioè al di fuori dell’ambito dello Spirito che l’ha suscitata e la rende Parola attuale e viva.
L’esortazione apostolica «Verbum Dei» di Benedetto XVI, l’ultimo documento magisteriale riguardo la Parola di Dio, afferma al numero 7: «Questa espressione [vedi: Parola di Dio] riguarda la comunicazione che Dio fa di se stesso. [...] Dunque l’espressione "Parola di Dio" viene qui ad indicare la persona di Gesù Cristo, eterno Figlio del Padre, fatto uomo». Ma l’esortazione spiega anche che quest’unica parola di Dio assume significati diversi e si può dunque parlare di una sinfonia della Parola. Essa continua: «la stessa creazione, il liber naturae, è anche essenzialmente parte di questa sinfonia a più voci in cui l’unico Verbo si esprime. Allo stesso modo confessiamo che Dio ha comunicato la sua Parola nella storia della salvezza [...] ed ha la sua pienezza del mistero dell’incarnazione, morte e risurrezione del Figlio di Dio. E ancora, Parola di Dio è quella predicata dagli apostoli [...] Infine, la Parola di Dio attestata e divinamente ispirata è la Sacra Scrittura».
Questa lunga premessa alla questione - per la quale è chiaro che la Parola di Dio è un evento inesauribile e vivo che non può essere assimilato alle parole scritte della Bibbia se non in quanto in esse agisce lo Spirito - è necessaria per provare a rispondere alla domanda. Lo faccio con tre considerazioni.
La prima è che se la Parola di Dio è l’evento per il quale Dio si comunica, la parola del sacerdote, in quanto ha ricevuto tramite l’ordinazione un carisma sicuro di predicazione, ne fa parte, ne è riverbero e strumento. Ovviamente questo non riguarda tutte e quante le singole affermazioni del sacerdote di turno, ma come evento liturgico ed ecclesiale di parola, l’omelia è uno dei mezzi attraverso i quali l’unica Parola di Dio si esprime.
La seconda considerazione, legata alla prima, è che l’omelia, in quanto atto liturgico - che tra l’altro fa parte della Liturgia della Parola - partecipa dell’evento di comunicazione di Dio alla sua Chiesa. L’atto liturgico, per esempio quello della Santa Messa, non è un semplice rito umano. Esso è certamente composto di atti umani, ma attraverso di essi è Dio che si comunica, con la sua Parola e la sua Presenza operativa. Quindi tutto ciò che partecipa di questo atto è in qualche modo sottratto alla semplice fattualità umana per divenire l’azione di Cristo a favore della Sua Sposa, la Chiesa. Egli le parla, la consola, la riveste dei Suoi doni e della Sua presenza. Anche attraverso le parole del sacerdote nell’omelia.
Infine, occorre sempre dire che la Parola di Dio accade in quanto è accolta. Là dove non è ascoltata e accolta cordialmente e fattivamente la Parola di Dio non accade, non ha incidenza. Immaginiamo una assemblea in cui tutti i membri sono totalmente distratti, presi da altro, compreso il prete, e in cui risuona la Parola di Dio proclamata nelle letture. Essa, formalmente è offerta da parte di Dio, ma non accade come Parola in quanto non è accolta.
Questo è dire la somma benevolenza e condiscendenza da parte di Dio che usa le parole umane (le scritture, l’omelia, ecc...) con il rischio che queste non vengano accolte: «Egli venne fra i suoi ma i suoi non l’hanno accolto» (Gv 1,11). Dio si è piegato per comunicare con noi al linguaggio umano ed alle sue leggi, per le quali una parola non ascoltata, non è parola, cioè non comunica, non produce il suo effetto. Essa - pur somma e sovrana e vera come la Parola di Dio - per essere tale deve essere ascoltata. Per questo, che l’omelia sia Parola di Dio (cioè che Dio si comunichi attraverso quelle parole che tentano di spiegare e attualizzare le Scritture), occorre una cordialità di ascolto e disponibilità a lasciarlo parlare. Non è essenziale - è anche impossibile - che il sacerdote nella sua omelia le dica tutte giuste, che siano tutte azzeccate le sue parole. L’omelia, in quanto strettamente legata alle Scritture proclamate è una ulteriore occasione per Dio di comunicare sé, purché ci sia anche un cuore disponibile ad accoglierlo.
Filippo Belli, docente di Teologia biblica alla Facoltà Teologica dell'Italia Centrale, su Toscana Oggi del 12.03.2014